La sua morte ha posto la domanda sugli assetti organizzativi più idonei per assicurare la sua continuità: è bene continuare come associazione o è meglio ragionare su una soluzione diversa? Nessuna forma giuridica può, naturalmente, sostituire la spinta ideale delle persone.
L’utilizzo intelligente degli strumenti del diritto può essere, nondimeno, un valido aiuto per favorire la continuità dell’opera. In questa prospettiva, alcuni assetti organizzativi consentono, meglio di altri, di conservare il patrimonio spirituale di una guida carismatica e di sviluppare l’opera che a questo patrimonio dà forma visibile.
Così accade per le fondazioni. La fondazione consente, infatti, di vincolare un patrimonio a uno specifico scopo: nel nostro caso, sostenere tutte le realtà che, direttamente o indirettamente, sono sorte dall’azione apostolica di padre Giovanni. In tal modo, il patrimonio presente e futuro della fondazione è destinato a essere la risorsa economica per le attività che già esistono in campo educativo, sanitario e assistenziale, come per quelle che nasceranno.
Per altro verso, le fondazioni sono caratterizzate dalla presenza di un solo organo decisionale – il consiglio di amministrazione – capace di assicurare efficienza e celerità di gestione a vantaggio dello sviluppo dell’opera. In un contesto difficile come quello africano, è così favorita la maggiore “presa” possibile sui problemi che, inevitabilmente, andranno affrontati nel tempo. Da ultimo, le fondazioni sono soggette a forme di controllo interno ed esterno, volte ad assicurare la coerenza tra le attività gestionali e gli scopi dell’ente. La conseguente necessità di un adeguato rendiconto di gestione garantisce tutti coloro che vogliano contribuire all’attività della Fondazione.
Per queste ragioni, su proposta del consiglio direttivo, l’assemblea dell’Associazione Italia Uganda ha deciso di trasformare l’ente in una Fondazione. Per i sostenitori dell’Associazione Italia Uganda e di padre Giovanni la trasformazione non comporta cambiamenti: il codice fiscale da indicare per il “5 per mille” rimane lo stesso; i benefici fiscali connessi alle donazioni rimangono i medesimi; le garanzie sulla destinazione dei fondi sono mantenute.
L’Associazione, in altre parole, ha cercato di fare “le cose per bene”.
Per la continuità dell’opera di padre Giovanni e per i tanti ugandesi che padre Giovanni ha servito con tutta la sua vita.
Andrea Perrone
Professore ordinario di diritto commerciale – Università Cattolica del Sacro Cuore