Pacchi salva-vita: per intervenire dove c’è più bisogno

Durante il coronavirus ci siamo tempestivamente attivati con distribuzioni di pacchi salva-vita nelle situazioni più difficili. Vi raccontiamo qui come si è sviluppato il progetto.

In Uganda, le conseguenze della pandemia e del lockdown hanno dato il via ad una pesantissima emergenza alimentare, sociale ed economica: la popolazione era seriamente a rischio di morire di fame.

Nel contesto delle baraccopoli, inoltre, non possiamo dimenticare che vi sono nuclei familiari anche di 10 persone che vivono in una singola stanza e non hanno di che sostentarsi. Prima del lockdown tutti cercavano di sopravvivere vendendo cibo o vestiti al mercato, ma in piena crisi non è più stato possibile contare neanche su quella minima fonte di guadagno.

La chiusura delle scuole, infine, ha reso la situazione ancora più grave: i bambini sono rimasti sempre chiusi in queste piccole stanze buie e non hanno più avuto accesso al pasto quotidiano offerto nelle nostre scuole.

La popolazione si è ritrovata al collasso.

Per questo, in piena emergenza pandemica, abbiamo scelto di istituire il Fondo Emergenza: per intervenire tempestivamente dove c’è più bisogno.

Per mesi abbiamo distribuito a tutte queste famiglie pacchi alimentari di durata settimanale, che hanno consentito a ciascuno di ricevere almeno un pasto al giorno. Il nostro obiettivo? Dare un sostentamento limitando al contempo la diffusione del virus attraverso la consegna di mascherine prodotte presso la nostra sartoria. 

I pacchi salva-vita contenevano tutti gli ingredienti necessari a realizzare il posho (la tipica polenta ugandese) da mangiare insieme ai fagioli (piatto povero ma molto nutriente, che viene distribuito anche nelle nostre scuole), oltre a saponette (che servivano a garantire maggior igiene a tutta la famiglia) e mascherine, per proteggersi dal Covid-19.

L’impatto di queste distribuzioni è stato rilevante e ha aiutato le tante famiglie che si trovavano in una situazione emergenziale, soprattutto nei quartieri più poveri come le baraccopoli di Kireka e Kisenyi. La possibilità di ricevere i pacchi ha permesso loro di vivere dignitosamente, consumando almeno un pasto al giorno e avendo a disposizione beni di prima necessità e tutti i dispositivi di protezione individuale necessari a contrastare il diffondersi del virus. 

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