Ogni anno, tanti giovani decidono di partire per vivere un’esperienza di volontariato con Fondazione Italia Uganda. Alcuni lo fanno per mettersi alla prova, altri per dare un significato diverso al proprio tempo. Per Flavia, studentessa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, è stato un sogno coltivato fin da bambina.
Questa estate è partita per l’Uganda, dove ha trascorso un mese tra i bambini delle scuole BCK. Di seguito ti riportiamo il racconto del suo viaggio, scritto di suo pugno: un racconto che parla di incontri, cambiamenti e piccole grandi scoperte.
Lo scorso febbraio, dopo aver consultato il sito dell’università, ho deciso di candidarmi per svolgere un’opera di volontariato. Fin da subito la mia prima scelta è ricaduta sull’Uganda. Non so spiegare il vero motivo: forse perché è un Paese poco conosciuto e mi affascinava l’idea di scoprirlo. Dopo vari step di selezione, sono stata scelta e da lì è iniziata la mia esperienza!
Spesso mi sono chiesta se avessi preso la decisione giusta. La soddisfazione maggiore era sapere che sarei andata a fare ciò che più amo: stare a contatto con i bambini, conoscerli e insegnare loro. In brevissimo tempo ho sentito un grande supporto da parte della mia piccola comunità del lago, che ha deciso di accompagnarmi in questo cammino organizzando una raccolta di materiale scolastico durante il Grest di giugno e un pranzo di beneficenza per coinvolgere il paese in una raccolta fondi da destinare all’associazione di padre Scalabrini che avevo fatto conoscere.
Ero curiosa di scoprire la casa e la scuola che mi avrebbero accolto, di conoscere le persone che mi avrebbero accompagnata e i bambini delle varie scolaresche. Il tempo, però, è volato: in un attimo i miei 28 giorni in Africa erano terminati e mi sono trovata pronta a salire sulla stessa macchina dell’arrivo diretta verso l’aeroporto. Sullo sfondo, ho osservato il giardino e la casa che mi avevano ospitata per un mese: mi sono resa conto che era impossibile racchiudere tutto in una valigia, anche se avrei voluto. Avrei desiderato permettere alle persone che avevo incontrato di visitare il mio Paese, di conoscere i miei affetti più cari, ma questo non sarebbe stato possibile. L’unica cosa che potevo portare con me erano i momenti: i sorrisi, le carezze, le parole gentili, la fede cristiana che avevo respirato. Forse anche quelli erano troppi per stare in valigia, ma ho pensato: “Un po’ di questi posso portarli dentro di me, come un tesoro prezioso che custodirò per sempre”.
Sono consapevole di essere troppo “piccola” per inglobare tutto quello che le persone che ho incontrato mi hanno donato e lasciato: tanti bambini felici di imparare, di andare a scuola, di arrampicarsi sugli alberi o giocare semplicemente con una palla fatta di stracci. I maestri della scuola mi hanno accolto, mi hanno dimostrato subito la loro fiducia, facendomi partecipe del loro lavoro quotidiano. Nel corso delle settimane mi hanno posto infinite domande sul sistema scolastico italiano e mi hanno lasciato tempo e spazio per conoscere i numerosi alunni, per condividere la mia cultura, per insegnare qualche parola in italiano.
Inoltre, un ruolo fondamentale lo hanno avuto la famiglia e le persone che mi hanno ospitato e con le quali ho condiviso pranzi, cene, messe e chiacchierate serali vicino al fuoco (sì, eravamo in Uganda, vicinissimi all’Equatore, ma alla sera il freddo si faceva sentire e accanto al fuoco si stava bene): uomini e donne che mi hanno insegnato il valore della cultura e delle tradizioni e fatto riscoprire l’importanza della gentilezza.
Nella casa che mi ha ospitato ho stretto una bella amicizia con tre ragazze come me: Anna, Angela e Innocent, che mi hanno mostrato cosa significa essere forti, impegnarsi, svegliarsi ogni mattina alle 4, andare a scuola dalle 7 alle 21, tornare a casa al buio, mangiare ogni giorno riso e fagioli, e, nonostante ciò, essere sempre pronti ad aiutare in casa a preparare i pasti e sempre felici di condividere il tempo rimanente con gli ospiti.
E infine mamma Angela, pilastro della casa e del focolare: cuoca, domestica, donna di fede, confidente, sempre attenta e rigorosa. Spesso si è intrattenuta con me raccontando aneddoti della sua storia e sottolineando con orgoglio il ruolo avuto nella nascita della Fondazione Italia Uganda e la grandezza dei momenti vissuti a fianco di padre John.
Ero curiosa di poter scoprire a cosa aspirano bambini che hanno così poco: oggi so che i loro sogni sono enormi, variegati e ambiziosi, e auguro a ciascuno di loro di poterli realizzare, proprio come si è realizzato il mio sogno di quando ero una bambina: “Andare in Africa come volontaria e insegnare a bambini bisognosi”. L’esperienza magica e coinvolgente vissuta in Uganda è stata per me come stare dentro un sogno.
Diventa anche tu volontario
Le parole di Flavia ci ricordano quanto sia potente il dono del tempo, della presenza, della relazione.
Essere volontari con Fondazione Italia Uganda significa mettersi in gioco, sì, ma anche ricevere molto più di quanto si dà.
Vuol dire entrare in una comunità, condividerne la vita quotidiana, diventare parte di una storia iniziata oltre sessant’anni fa grazie a padre Giovanni Scalabrini.
Se anche tu sogni di vivere un’esperienza autentica e trasformativa, questa è la tua occasione. Scrivici a: volontari@italiauganda.org oppure chiama il numero: 02 83595379