Oggi vi vogliamo raccontare la storia di Lorenzo, uno dei volontari della nostra Fondazione, partito per l’Uganda in cerca di un’esperienza nuova, diversa, profonda. Lorenzo ha 31 anni ed è un ingegnere che, dopo 5 anni trascorsi lavorando come progettista meccanico, è giunto a un momento di svolta della sua vita. Desideroso di intraprendere una nuova strada, ha fatto così la scelta (che molti direbbero azzardata, coraggiosa) di licenziarsi e prendersi un periodo sabbatico. Ed è proprio durante questo periodo sabbatico che Lorenzo ha incontrato Fondazione Italia Uganda.
Il resto del racconto lo lasciamo alle sue parole.
“Avevo maturato da tempo l’idea di voler partire per un’esperienza di volontariato internazionale ma trovare l’associazione giusta con cui farlo non è stato così immediato. Mi sono guardato bene dal cadere nella trappola del “volonturismo” di grandi realtà che propongono pacchetti all-inclusive per centinaia di euro alla settimana dove, come in una sartoria, ti cuci su misura l’esperienza di volontariato che fa per te. Sei tu a decidere chi aiutare, dove, come e quando. Tutto ruota intorno alla tua vacanza perfetta. Si ricade nei luoghi comuni del “tanto hanno bisogno”, “qualsiasi cosa uno vada a fare sarà meglio di niente”, “tutto fa brodo”. Sbagliatissimo! Proprio perché c’è un bisogno è ancora più importante che le cose vengano fatte con logica e coordinazione.
L’intenzione del volontario è sempre nobile ma va messa nelle mani della giusta associazione, capace di riconoscere le qualità e veicolarle nel migliore dei modi per creare un impatto positivo. Dopo diversi mesi di ricerca entro in contatto con Fondazione Italia Uganda: con il team della Fondazione mi sono sentito nelle mani giuste!
Mi viene proposto di tenere un corso extracurriculare nella scuola BCK di Luzira, una secondary school considerata tra le migliori di tutto il Paese, e decido di proporre un corso basato su quella che è la mia competenza: la progettazione meccanica. Parto così per Kampala, città sconosciuta fino a qualche mese prima, capitale di un Paese che conoscevo di nome ma che probabilmente avrei sbagliato ad indicare su un mappamondo.
La BCK di Luzira è veramente una eccellenza del Paese. Cuore pulsante e anima della scuola sono ovviamente le centinaia di studenti e studentesse che, fin dalle prime ore del mattino, riempiono ed animano gli spazi della scuola. Ed è in questo clima ricco e movimentato che a metà luglio del 2022 inizio il mio corso dal titolo “Come progettare e produrre un sistema meccanico”. Mi vengono assegnate due classi, una cinquantina di studenti l’una, del penultimo anno (senior five) del percorso di fisica – l’equivalente di un quarto anno superiore di un istituto tecnico.
Inizio la prima lezione, forse la più difficile perché devo presentarmi e devo farlo bene per catturare l’attenzione e la curiosità degli studenti. L’idea di avere davanti una cinquantina di adolescenti un po’ mi preoccupa. Ho paura di ritrovarmi davanti a una classe che scoppia in risate al primo errore o difficoltà di pronuncia di qualche parola in inglese. Tutta la mia apprensione svanisce non appena inizio a parlare. Cala un silenzio religioso. Un centinaio di occhi su di me, sguardi concentrati, intenti a seguire quello che sta dicendo quel Mzungu (bianco in lingua swahili) venuto dall’Italia. Seguono quaranta minuti di presentazione, tutti ad ascoltare. La disciplina degli studenti è sorprendente. Qui l’insegnante è una figura molto rispettata: nessuno si sarebbe mai sognato di ridere se non avessi fatto qualche battuta, proprio con l’obiettivo di rompere quel clima di serietà e concentrazione che si era creato.
Finisco la presentazione e non tardano ad arrivare le domande, che tanto riempiono di soddisfazione chi ha appena concluso un discorso. Mi fanno domande sia tecniche, su come funziona nello specifico quel meccanismo descritto nella presentazione, sia personali, su come ho trovato l’Uganda, se mi piace il loro Paese e su cosa mi ha spinto a venire fin là. Finisco la prima lezione e capisco che sì, ero ancora l’insegnante, quindi una figura un po’ distante, quasi temuta, ma c’erano tutte le carte in regola per diventare un compagno.
Certo, non è stato tutto rose e fiori, però il team di Italia Uganda mi ha supportato in pieno, cercando sempre ed in ogni modo di risolvere le mie difficoltà.
Al termine di questa incredibile esperienza ho salutato a malincuore gli studenti ai quali mi ero già affezionato. A rendere meno amaro questo saluto sono stati i biglietti di saluto che alcuni di loro mi hanno lasciato sulla cattedra durante l’ultima lezione. Chiudo quindi il racconto del periodo di insegnamento con il messaggio di Nicole che sintetizza quello che è stata questa esperienza, piena di difficoltà ma più che gratificante, che è valsa sicuramente la pena vivere:
“Beh, vorrei ringraziarti per il tempo che ci hai dedicato. Ci sono stati molti alti e bassi ma è proprio questo che rende la vita interessante e ti dà una storia da raccontare. Grazie mille. Per quanto mi riguarda, le ultime lezioni sono state interessanti. Che Dio ti benedica con tutti i buoni desideri del tuo cuore” – Nicole