Semi, acqua e un sorriso pieno di speranza: l’esperienza sul campo di Vittoria

Vittoria è tornata da poco in Uganda e ha potuto vedere con i suoi occhi l’avanzamento dei tanti progetti che, come Fondazione Italia Uganda, portiamo quotidianamente avanti nel nome di padre John. 

Oggi condividiamo con te un piccolo estratto dal diario di bordo di Vittoria in cui ci racconta la sua esperienza di ritorno a casa, nella nostra comunità di Kampala.

14 luglio h. 11.30 Quartiere Acholi

Sono le 11.30, il calore del sole viene un pò smorzato da un leggero vento. Ci stiamo dirigendo verso il quartiere Acholi, a 10 minuti da Luzira, nel distretto di Kampala in Uganda, proprio nel quartiere dove ha vissuto padre Giovanni.

Percorriamo una strada ripida: le case sono un’alternanza di mattoni rossi e lamiere grigie, l’aria odora di bucato e fumo del fuoco acceso per cucinare. Due bambini mi accolgono con espressione stupita e curiosa. Li saluto e loro alzano la manina con un po’ di diffidenza. Ci avviciniamo a Rachele, una donna anziana, la cui energia mi accoglie. Mi ospita nella sua piccola stanza, che è tutto quello che ha: un’unica stanza senza nemmeno il bagno. Mi prende le mani e mi ringrazia, mi mostra con fierezza il suo piccolo orto che è riuscita finalmente a realizzare grazie agli “amici” di padre John ci dice. La sua gratitudine mi emoziona, i suoi occhi sono lucidi e accolgo il suo ringraziamento con gioia, confermandole che un aiuto così importante è frutto di tante persone generose che hanno permesso di stare vicino a lei e alle altre famiglie come la sua.

Guardo gli orti realizzati grazie al progetto “Semi di Speranza” e ascolto i racconti di tante altre donne che hanno il desiderio di mostrarci la loro gratitudine attraverso le azioni prodotte in quello spazio a loro dedicato, quel pezzo di terra che oggi ha qualcosa da raccontare, qualcosa di importante da offrire: del cibo per loro e per i loro bambini.

Continuo il cammino, dalle foglie verdi spuntano nuovi frutti, zucca, spinaci, ocra, nuove possibilità di vita per queste famiglie e i loro bambini. Vedo anche i primi germogli. “Manca l’acqua”, mi dicono alcune donne che non riescono a reperirla facilmente. È proprio Rachele a raccontarmi della gioia di vedere crescere i frutti, poter sfamare i propri bambini, ma teme per il futuro, perché senza acqua le piante non sopravvivono.

Prima di questo orto, spiega, non aveva soldi per comprare il cibo per i suoi bambini, che spesso andavano a letto senza mangiare. La paura che possa riaccadere le si legge ancora sul volto.

Provo a rassicurarla ricordandole che il nostro impegno continuerà, che vogliamo costruire nuovi punti di accesso per l’acqua, utili sia per il suo orto che per tante altre necessità quotidiane.

Al momento di andare via il loro saluto è un sorriso pieno di speranza. Mentre sono in macchina mi ritornano le parole di padre Giovanni, ben chiare nella mia mente: 

creare comunità forti e autonome.

Questo è il nostro lavoro: un intervento diretto, semi e acqua per creare qualcosa di grande, per rivedere il sorriso sui volti di queste persone e donare loro la speranza di poter produrre il loro cibo e poter avere un pasto al giorno. Questo è l’impegno che mi porto a casa e sono sicura che insieme alla forza di tutti gli amici di padre Giovanni ce la faremo!

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