L’11 dicembre, all’Università Cattolica, abbiamo ascoltato storie che non finiscono con un viaggio. Perché quando torni dall’Uganda, l’incontro continua.
Venticinque anni fa nasceva Fondazione Italia Uganda, è vero, ma il nostro cammino comincia ben prima, nel 1964, quando padre Giovanni “John” Scalabrini arrivò ad Awach e scelse di restare accanto a chi non aveva nulla. Da allora il suo modo di fare missione non è cambiato e continua attraverso presenza concreta, lavoro quotidiano, fiducia nelle persone e attenzione ai più giovani perché la comunità possa diventare forte e autonoma.
L’11 dicembre, in Università Cattolica del Sacro Cuore, abbiamo celebrato questo anniversario nel modo più vero: attraverso i racconti di chi, quella presenza, l’ha vista da vicino. L’incontro, nato da una collaborazione con l’Università Cattolica che dura dal 2009 – grazie al Charity Work Program – ha visto la partecipazione di studenti e personale dell’Ateneo che hanno vissuto un’esperienza di volontariato internazionale a Kampala, entrando nei luoghi dove la missione di Padre John continua ogni giorno.
Dopo i saluti introduttivi della professoressa Claudia Rotondi e di Antonella Cassano, l’incontro è proseguito con un’introduzione alle testimonianze e con il racconto diretto dei volontari. Il dialogo e il confronto sono stati moderati da Jane Galmarini, Consigliere del Board di Fondazione Italia Uganda, che ha accompagnato il susseguirsi degli interventi e il momento di scambio con il pubblico.
Il cuore dell’incontro è stato affidato alle testimonianze dei volontari: storie diverse, unite dal desiderio condividere un’esperienza capace di lasciare un segno profondo.
Laura, volontaria nel 2023, che ha raccontato il suo lavoro nella scuola BCK Primary, dove ha condotto un laboratorio sulle emozioni. «Sono partita con la speranza di poter tendere loro la mano», ha condiviso, «e loro mi hanno donato molto di più». Nei suoi ricordi restano gli sguardi, gli abbracci, una quotidianità capace di riempire il cuore e alleggerire la mente. Un legame che continua ancora oggi, attraverso il sostegno a distanza di una bambina conosciuta durante il suo servizio.
Fabio, tra i primi volontari del Charity Work Program PTA, ha portato una testimonianza diversa ma altrettanto significativa: quella di un volontariato fatto di lavoro pratico, supporto organizzativo, presenza concreta. Dall’orto comunitario alle officine, fino alla pulizia degli slum, la sua esperienza ha mostrato come ogni competenza possa diventare servizio, se messa a disposizione con spirito autentico.
Riccardo e Maria Francesca, volontari nel 2025, hanno raccontato il valore dell’affiancamento allo staff locale, della condivisione del lavoro quotidiano e, soprattutto, della costruzione di relazioni profonde. Inserirsi nella comunità, imparare a guardare il mondo da un’altra prospettiva, lasciarsi trasformare dall’incontro: un’esperienza che ha toccato tutte le aree di intervento della Fondazione, ma soprattutto le persone.
Intensa è stata anche la testimonianza di Flavia, studentessa di Scienze della Formazione Primaria, che ha vissuto l’esperienza in Uganda come un tempo sospeso, “come stare dentro un sogno”. Il suo laboratorio sui sogni, realizzato con i bambini della BCK Primary, è diventato uno spazio di ascolto e di immaginazione condivisa. Flavia ha raccontato di essere partita con l’idea di incontrare desideri semplici, e di aver invece scoperto sogni grandi, profondi e ambiziosi, che le hanno insegnato come anche in contesti di grande povertà i desideri possono essere forti, lucidi e profondamente orientati alla vita. Al momento del ritorno, le sue valigie erano più leggere, ma il cuore era colmo di volti, gesti, parole, fede e gratitudine: un tesoro impossibile da lasciare indietro.
Queste storie ci ricordano perché l’opera di Padre John è ancora attuale: perché mette al centro ciò che regge davvero una comunità. I bambini, la scuola, la salute, la possibilità di imparare un mestiere. Nelle scuole Bishop Cipriano Kihangire studiano migliaia di ragazzi e ragazze, e il Benedict Medical Centre è un presidio fondamentale per la comunità di Luzira e dell’area di Nakawa.
Durante il confronto con il pubblico è sorta spontanea una domanda chiave: come si continua, una volta tornati? Le risposte non hanno parlato di gesti eroici, ma di responsabilità quotidiana. Scelte più consapevoli. Attenzione all’altro. Piccoli atti ripetuti che, messi insieme, costruiscono cambiamento.
Il nostro grazie all’Università Cattolica, al Centro di Ateneo per la Solidarietà Internazionale (CeSI), ai volontari e a chi ha reso possibile tutto questo.
Il cammino continua.